martedì 10 settembre 2013

Alieni nella Bibbia

IN PRINCIPIO ERANO GLI ELOHIM
Riassumendo le varie interpretazioni fornite nel corso degli anni da ufologi, contattisti, saggisti, ex agenti segreti, l'idea di base di questo "teorema" ecclesiastico è che nella notte dei tempi una forma di intelligenza talmente superiore da essere per noi indecifrabile (Dio? Un potentissimo alieno?) avrebbe creato l'universo. O quanto meno, questo universo, dato che la fisica moderna ritiene che possano esistere molti universi, persino paralleli (teoria del multi-verso), alcuni dei quali a un centimetro di distanza l'uno dall'altro. Questo "Dio" avrebbe creato anche degli esseri bisessuati, li avrebbe benedetti e lasciati liberi di seguire il proprio destino. E qui si sarebbe consumato il primo atto della tragedia: uno di questi suoi "figli" (o era solo un suo collega "minore"? I testi non sono chiari), oggi riletto come un capacissimo genetista extraterrestre, Geova, Yahweh o Giove, avrebbe a sua volta voluto seguire le orme del Padre, e avrebbe "costruito" il nostro
sistema Solare e la coppia Adamo-Eva, commettendo però - secondo fonti apocrife - una serie di violazioni (Errori? Pasticci? Peccati?) alle quali non è stato posto ancora rimedio e che hanno generato quella lotta tra fazioni nota come il mito di angeli e diavoli che si contendono l'essere umano.<br< secondo="" atto,="" un="" altro="" scienziato="" suo="" pari,="" il="" "serpente",="" come="" prometeo="" che="" ruba="" fuoco="" per="" darlo="" agli="" uomini,="" avrebbe="" "affrancato"="" la="" coppia="" "divina"="" dai="" voleri="" di="" questo="" "yahweh="" dio="" geloso",="" insegnando="" loro="" conoscenza="" scientifica:="" morale,="" i="" primi="" due="" ribelli="" della="" storia="" dell'umanità,="" ritenuti="" così="" pericolosi="" perché="" dotati="" conoscenze="" "divine",="" sarebbero="" stati="" scacciati="" dall'enorme="" incubatrice="" alla="" "matrix"="" in="" cui="" vivevano,="" l'eden="" (che="" alcuni="" sarebbe="" stata="" su="" marte)="" ed="" esiliati="" sulla="" terra.="" qui="" avrebbero="" generato="" figli,="" si="" a="" volta="" uniti="" abitanti="" primigeni="" terra="" (terzo="" atto="" sciagurato="" tragedia).
 E non è finita qui. Come se non bastasse - atto quarto - altri scienziati alieni, colleghi di Yahweh e del "serpente", vedendo che la nuova genia umana era piacevole, si sarebbero accoppiati con le "nuove" donne della Terra, dando origine a un abominio, una serie di "mutanti", detti "Giganti". Questi ultimi si sarebbero rivelati portatori di geni criminali: sanguinari e ribelli a qualsiasi regola, blasfemi al punto di voler muovere guerra a Yahweh (secondo il mito ebraico, costruendo la torre di Babele per raggiungere il cielo e ucciderlo).
Quinto atto della tragedia, l'iniziatore di questo ciclo di aberrazioni, il "dio creatore", stanco dell'iniquità umana e della violenza dei giganti, pentitosi dei propri esperimenti, decide di distruggere tutto e tutti con il diluvio universale. Ma le cose, come sappiamo, andranno diversamente. Parte dell'umanità (ma anche dei giganti, secondo i racconti ebraici) si salverà, continuando a combinarne di tutti i colori, e questo in barba al fatto che, secondo le versioni islamiche, i figli di Noè avrebbero gettato il diavolo - un gigante appesosi alla nave, secondo i testi ebraici - fuori dall'arca (l'episodio è raffigurato nelle miniature indiane musulmane di Miskin, nel manoscritto di Hafiz del 1590 tuttora custodito nella "Freer Gallery of Art" dello "Smithsonian Institution" di Washington, un insolito museo che, neanche a farlo apposta, custodisce una vasta gamma di reperti "anacronistici" detti "ooparts", manufatti "impossibili" per le epoche in cui sono stati usati e di possibile provenienza aliena).
Questo è il racconto biblico della Genesi, così come è stato più o meno riletto, con mille sfaccettature e a più riprese in tutto il mondo, a partire dagli anni Cinquanta. La sterminata letteratura prodotta al riguardo ha indignato i credenti e fatto sorridere gli scettici, che hanno giudicato il tutto quasi una pellicola di fantascienza di serie B; ma è pur vero che il racconto della Genesi, attorno al quale si arrovellano da duemila anni le menti più eccelse e oggi considerato dalla Chiesa stessa solo come un mito didascalico, riletto con questa nuova chiave - certamente più consona ai tempi scientifici moderni - assume una certa plausibilità, che peraltro nulla toglie all'esistenza di Dio o al Suo messaggio. La figura dello Yahweh creatore non è affatto diversa da quella del moderno genetista che mappa tutto il genoma umano e conduce esperimenti di donazione per creare a sua volta un "Adamo"; il "dio" creatore e plasmatore di mondi non è molto diverso dallo scienziato della NASA che (per ora solo teoricamente) pianifica come rendere abitabili pianeti morti quali Marte o la Luna.
Ciò spiega perché moltissimi ufologi e ricercatori, nel mondo, abbiano voluto rischiare la propria credibilità e a tutti i costi cercare tracce di presenze aliene in un testo sacro, e per questo intoccabile: una rilettura "ufologica" della Bibbia, ribadisco, da una parte offende la sensibilità religiosa di chi crede, dall'altra suscita l'ilarità di chi non crede. Perché mai dunque in molti hanno ritenuto necessario cercare E.T. anche nella Bibbia, sommersi come siamo di casistica moderna già sufficientemente probatoria?
Forse perché nella Bibbia vi sono quelle risposte che non troviamo nello studio della casistica UFO? Risposte che ci spiegano cosa vogliano gli E.T. da noi e perché da migliaia di anni continuino a interagire con questo minuscolo pianeta ai margini della galassia?
Studiosi come il contattista George Adarnski, l'astronomo Morris Jessup, il sumerologo Zecharia Sitchin, il sociologo Roberto Pinotti, i saggisti Erich von Daeniken e David Barclay, lo scrittore Raymond Drake, lo scienziato NASA J. Blurnrich - solo per fare alcuni nomi - da tempo hanno rimarcato un tema di fondo: che nella Bibbia, e precisamente nel racconto della Genesi, vi siano due differenti narrazioni della creazione dell'uomo.
La prima narrazione (dal capitolo 1 al capitolo 2,4a) è attribuita a un dio chiamato "Elohim", termine che in ebraico è stranamente al plurale e che significa "Le Potenze" (eco dell'antico politeismo? Una classe di dèi?); costui crea l'uomo maschio e femmina, lo benedice e la storia finisce così, senza serpente, peccato originale, separazione dei sessi e ribellioni. Per questo motivo i primi esegeti o Padri della Chiesa si interrogarono a lungo sul fatto se tale testo non si riferisse piuttosto alla creazione degli angeli (indivisi nei sessi) che non a quella degli uomini (in effetti, il testo biblico riporta: "Maschio e femmina li creò", non "lo creò", quasi a indicare che si stesse parlando di una razza e non di un singolo; i teologi, peraltro, sorvolano prudentemente sul fatto che, essendo Creatore e creatura uguali, anche Elohim dovesse essere allora "maschio e femmina", cioè bisessuato).
Il secondo racconto (Genesi 2,4b-3,24) vede invece protagonista uno "Yahweh Elohim" (che letteralmente sarebbe "lo Yahweh della razza degli Elohim", cioè un "primus inter pares"), creatore di quell'Adamo che gli disobbedirà, con tutto ciò che segue (separazione dei sessi, ribellione e peccato, cacciata dall'Eden, condanna a vivere per sempre sulla Terra, lavoro con sudore e parto con dolore ecc...), responsabile di una "genesi" dell'umanità decisamente assai meno riuscita rispetto alla prima. Un Adamo, per di più, creato non si sa bene dove, ma non di sicuro nel paradiso terrestre, dato che il testo precisa: "E Yahweh Elohim prese l'Adamo e lo pose nel giardino dell'Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse". Il che significa che nel paradiso terrestre Adamo vi fu messo dopo!
Molti ufologi, scoprendo queste ambiguità, hanno pensato che il secondo racconto si riferisse alle gesta di un alieno che, tradendo le leggi della propria razza, che forse vietavano questo genere di esperimenti, avrebbe creato un suo clone e poi, spaventatosi del fatto che costui sviluppasse una propria autocoscienza, lo avrebbe esiliato sulla Terra.
Di fronte a ipotesi di questo genere, divenute molto popolari nella ex Unione Sovietica negli anni Novanta, i teologi italiani hanno spesso ribadito sulla stampa che "siamo figli di Dio, non di E.T.". Sia come sia, la Chiesa, sin dalle sue origini, non ha trovato una spiegazione per questo controsenso letterario, e ha così risolto il problema nella maniera più semplice, cancellando nei due testi i nomi di Elohim e di Yahweh, sostituendoli con il più generico "Dio". In quel modo i due "dèi" divennero uno solo.
Se prendete la "Bibbia di Gerusalemme" delle Edizioni Dehoniane di Bologna, vale a dire la moderna traduzione del testo sacro a cura della CEI e a opera di un gruppo di biblisti sotto la direzione di F. Vattioni, leggerete in una nota a margine circa il secondo racconto della Genesi: "La sezione 2,4b-3,24 non è, come si dice spesso, un secondo racconto della creazione seguito da un racconto della caduta. Sono invece due racconti combinati insieme e che utilizzano tradizioni diverse".
Questo escamotage funziona poco. Proprio perché "tradizioni diverse" i due racconti sono da considerarsi narrazioni di episodi diversi.
La querelle è molto antica, se si pensa che, assai prima della venuta di Gesù, i samaritani delle tribù di Giuda e Beniamino predicavano che l'uomo fosse stato creato non a immagine di Dio, ma degli angeli, ritenendo tali gli Elohim della Genesi.
Oggi molti biblisti preferiscono pensare che l'ambiguità sorga dal fatto che il primo racconto, ribattezzato "Codice P" o sacerdotale (dal tedesco Priester, diffuso tra le genti di Giuda nel 700 a.C.) e attribuito ai sacerdoti ebrei, fosse solo più generico e più datato del secondo, scritto ben mille anni dopo all'epoca della cattività babilonese nel VI secolo a.C., e ribattezzato "Codice J o yahwistico" (dato che vi compariva il fantomatico Yahweh); quest'ultimo è inteso come una cronaca assai più dettagliata e analitica di quanto accadde all'epoca.
Il "Codice P" sarebbe stato realizzato adattando il mito babilonese della creazione, che a sua volta era un adattamento di un precedente mito numerico; i due codici furono accorpati nel '500.
Il guaio è che con tutta la buona volontà degli scrupolosi censori ecclesiastici, ancora oggi i due racconti sono palesemente differenti; nel primo Adamo è il padrone della Terra, con potestà su tutti gli animali, e non esiste alcun giardino dell'Eden "E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. E domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla Terra" (Genesi 1,26); nel secondo è un servo remissivo costretto a "coltivare e custodire" (Genesi 2,15) il giardino di Eden, della cui esistenza scopriamo solo nel "Codice J", al verso 2,8!
Il primo racconto della Genesi viene ripetuto nel capitolo quinto dello stesso libro (quest'ultimo steso copiando in realtà da un più antico "Libro delle generazioni di Adamo"), che riferisce della genealogia dei patriarchi antidiluviani; esso conferma il "Codice P" in quanto termina, al verso 5,2, con la frase "Li creò maschio e femmina e li benedisse"; non si parla di caduta, non si nomina Eva, non ci sono Caino e Abele. Al verso 5,3 si aggiunge soltanto che la moglie di Adamo "generò a sua immagine e somiglianza un figlio a cui pose nome Seth"! Ma Seth (= Sostituto) non era il terzogenito di Adamo? Dove sono finiti Caino e Abele?
Sarebbe assai più credibile pensare che i racconti risentano della mitologia e del politeismo diffuso nell'area sinaitico-mediorientale e che attingano a fonti ben più antiche.
"Non influenzati dalle costrizioni monoteistiche della Bibbia ebraica - scrive l'orientalista Zecharia Sitchin - gli scritti ritrovati nei Paesi medi orientali, al confine con Israele, elencano per filo e per segno i nomi degli Elohim, i 'noi' della Bibbia, chiarendone l'identità".
E forse c'è di più. Forse l'essere del "Codice P" apparteneva realmente a una classe di visitatori extraterrestri? Migliaia di anni or sono, forse, uno scienziato extraterrestre portò i semi della vita sulla Terra? Il ricordo di quell'esperimento sopravvivrebbe nel racconto della Genesi?
In effetti, se prendete una Bibbia in mano, vi accorgerete che il primo verso della Genesi recita: "In principio Dio fece il cielo e la terra". Sfortunatamente, la frase è stata mal tradotta: Acquistando la "traduzione interlineare", vale a dire il testo in italiano ed ebraico della Genesi di Roberto Reggi, edito da EDB, si hanno le prime sorprese. Il testo ebraico riporta: "Bere Shit Bara" "Elohim Eth Hashamajim We' Eth Ha' Ares"; la traduzione letterale è "In principio creò Elohim i cieli e la terra".
Il problema è, come abbiamo visto, che Elohim è plurale (sebbene il verbo sia al singolare) e significa "Le Potenze", ovvero, gli dèi! Poiché non era possibile che il testo sacro del popolo del Dio Unico si aprisse con un inno agli dèi, nelle traduzioni cristiane Elohim fu sostituito col più generico "Dio". Poiché però nell'ebraico antico non si usava mettere le vocali, il sumerologo Zecharia Sitchin preferisce interpretare la sequenza b, r, sh, t, "Bere Shit" (In principio) con "Ab Reshit" (Il Padre del Principio). In tal caso la traduzione della frase sopracitata diverrebbe "Il Padre del Principio creò gli Elohim, i cieli e la Terra".
Se vera, questa chiave di lettura risolverebbe la questione del verbo al singolare e trasformerebbe gli Elohim da soggetto a complemento oggetto. Creati o creatori, gli Elohim della versione originale della Genesi erano comunque una classe di dèi a loro volta creatori (nella liturgia cattolica li invochiamo come "le Potestà", confondendoli con una presunta classe di angeli); loro, o il loro Padre, crearono non "il cielo", ma "i cieli" (Hashamajim", -im è il suffisso che in ebraico indica il plurale); parrebbe un dettaglio; non lo è se si considera che l'ebraismo delle origini non credeva all'esistenza di un unico cielo, con relativo mondo, ma di una moltitudine di cieli (universi), gli stessi che ricorrono nelle prime tradizioni della "Mishnah", la raccolta canonica delle sentenze degli antichi rabbini; secondo i vangeli apocrifi (cioè non riconosciuti come ortodossi dalla Chiesa) dei pensatori gnostici Basilide e Valentino, i cieli sarebbero stati simbolicamente 365, uno per ogni giorno, e ognuno dei quali capitanato da un "arconte", uno dei quali sarebbe stato Lucifero (oggi quest'idea ricompare nel contattismo, ove si crede all'esistenza di una confederazione di alieni che sorveglierebbero i pianeti meno evoluti, come la Terra.
Vi credeva il siciliano Eugenio Siragusa, decano del contattismo nostrano; lo ribadisce Maurizio Cavallo, che afferma di avere comunicazioni con gli abitanti di un pianeta a nome Clarion: "C'è una confederazione dei mondi. Clarion ne fa parte; loro lavorano assieme ad altri abitanti di altri pianeti e ad altri abitatori di uno spazio-tempo diverso).
Riprendendo un mito babilonese che attribuiva la creazione a una moltitudine di dèi, i primi ebrei credevano dunque in un universo assai più articolato (e sorvegliato, in linea con quanto affermano molte moderne teorie ufologiche) di quanto non ci abbia tramandato la tradizione medievale. Peggio ancora, quei "cieli" potevano comunicare attraverso "squarci" (oggi la fantascienza li chiama "stargate"), che servivano da varco agli "angeli" per viaggiare da un mondo all'altro.

IL CODICE SEGRETO
Ma se pensate che, con quanto dettovi ora, la questione sia finalmente risolta, siete in errore.
Prima ancora del giornalista ebreo Michael Drosnin, autore del libro "Il Codice Genesi", vi fu chi pensò che dentro la Bibbia, vi fosse un codice segreto. Si chiamava Femand Trombette ed era uno studioso francese dell'Ottocento; la sua intuizione era stata geniale. Sapeva che i primi cinque libri della Bibbia, o "Pentateuco", erano attribuiti a Mosè (il che deve essere vero solo in parte; in primis, perché i due Codici della creazione sono separati da mille anni di distanza; in secundis, perché nel "Pentateuco" è descritta la morte di Mosè, il che lascia intendere che la stesura di quelle cronache proseguì da altra mano). Se comunque il "Pentateuco" è opera di Mosè, va detto che questi, pur ebreo, non conosceva l'ebraico!
La Bibbia ce lo dice chiaramente: era stato allevato alla corte del faraone e aveva vissuto in Egitto; quando era tornato presso il suo popolo e aveva ricoperto i panni della guida spirituale, era stato costretto a servirsi del fratello Aronne come traduttore. Se non conosceva l'ebraico, allora Mosè non poteva che parlare il copto, la lingua corrente dell'Antico Egitto. In quella lingua avrebbe dettato ad Aronne; quest'ultimo, in quanto ex schiavo degli egizi parlava a sua volta una lingua contaminata da termini copti, avrebbe creduto di capire, ma in realtà avrebbe completamente travisato quanto Mosè gli diceva!
Per sostenere la sua teoria, Trombette faceva notare che le parole in ebraico con cui era stato scritto l'Antico Testamento erano scomponibili in radici copte, implicanti ognuna concetti più elaborati che, associati, davano il senso complessivo (come un tempo per il geroglifico, sulla falsariga dei nostri moderni rebus).
Per Trombette, Elohim era in realtà "Ehèlohidjm", nome condensato dal significato "colui che fece le cose con l'immaginazione" (il Demiurgo, nei testi apocrifi) e il primo verso della Bibbia, scomposto in radici copte, suonava in maniera assai differente. Non l'ebraico "Bere Shit Bara' 'Elohim Eth Hashamajim We' Eth Ha' Ares", "In principio Dio fece i cieli e la Terra", ma il copto Brre (All'inizio) Hê Schi Schs (progettò) Bo Ra Ha (con la parola), E Hê El O Hi Djem (il Demiurgo creativo), He Eth (un sistema) Hê Asch (in grado di mantenere sospeso in aria) Djôm A (con moto circolare) Schêm (l'Eccelso), Oueh He Eth (con un sistema capace di) Ho Ha Re Çi (mantenersi sotto terra): "In principio il Creatore ideò un sistema capace di far volare circolarmente l'Eccelso, con (in più) un sistema per viaggiare sotto terra".
Il significato di ciò che Mosè disse - senza conoscere alcunché di scienza - sarebbe dunque totalmente diverso da ciò che Aronne capì. E a Trombette, che visse in un periodo in cui UFO e razzi non esistevano e non si parlava di basi aliene sotterranee e di macchinari in grado di scavare il sottosuolo, la frase non disse molto ma, riletto oggi, quel verso suona più come la costruzione di un disco volante (da parte di un "dio" per un altro "dio"?) che non la creazione di cieli e terra!
Fantascienza pura? Follia?
Sembrerebbe, eppure la traduzione di Trombette è in linea con quelle che erano le credenze mitologiche egizie, che riferivano, pur se con le parole dell'epoca, di "dèi" che viaggiavano nei mondi celesti e abitavano nei mondi sotterranei.
Per il colto Mosè, dunque, la frase avrebbe avuto una sua logica; per Aronne, schiavo e pastore, forse meno. Il Demiurgo e l'Eccelso, in tal caso, potrebbero essere allora lo Yahweh del "Codice J" e l'Elohim del "Codice P", di cui le successive traduzioni bibliche ci hanno fatto perdere traccia.

IL COSMO PERDUTO DEGLI EBREI
D'altra parte, sulla falsariga di Indiani e Babilonesi, anticamente gli Ebrei credevano a una moltitudine di dèi, di angeli e di spiriti intermedi, che popolavano l'intero universo; l'intero cosmo rabbinico era considerato come ampiamente abitato e pulsante di vita e Iddio veniva lodato, nell'apocrifo "Libro di Noè", come "Re di tutti i mondi". "Migliaia di mondi ha creato il Signore in principio", riferiscono le "Saghe ebraiche delle origini" nella traduzione del 1913 di Bin Gorion; ventisette sono gli universi descritti nel "Manoscritto copto" conservato presso la collezione Borgia di Napoli, attribuito all'ebreo Simon Mago e che, rifacendosi palesemente alla tradizione rabbinica, riferisce: "Quando il padre ebbe finito di creare i 12 universi che nessun angelo conosceva, creò allora sette altri universi. Oltre quei sette, ne creò altri cinque; poi, all'esterno di quei cinque, ne creò ancora tre. Questi 27 universi sono tutti al di là del cielo e di questa Terra."
Sette sono invece i mondi secondo i libri della "Qabbalah" (1200 d.C.), contenenti la conoscenza esoterica rabbinica; uno di questi, il "mondo di 'Arqa" o degli arconti ospita popoli in grado di viaggiare nello spazio. Così, su di loro, il testo: "I loro volti sono differenti dai nostri. Essi visitano tutti i mondi e parlano tutte le lingue". Di questi ultimi si parla anche nel "Sepher ha-zohar", il "Libro dello Splendore" del rabbino Shim'on bar Jochai (130-170 d.C.), ove viene addirittura riferito del dialogo tra il rabbino Yosseph e un sopravvissuto dal misterioso mondo di 'Arqa (Hurqalya presso i musulmani, che con tale termine indicavano un universo paradimensionale, affine al nostro).
Certo, si potrebbe obiettare che per molti, specie se atei, queste storie siano solo leggende e la Bibbia frutto di fantasia; "gli studiosi considerano questi antichi testi alla stregua di semplici miti. Noi, invece, li riteniamo tracce, testimonianze di eventi realmente verificatisi", dichiara Sitchin.
Basti pensare che Heinrich Schlieman venne considerato pazzo furioso quando ammise di voler prendere alla lettera gli scritti di Omero, nella sua ricerca archeologica di Troia, in un periodo in cui nessun ellenista considerava storicamente attendibili l'Iliade e l'Odissea. Ebbe invece ragione, e trovò Troia.


1 commento:

  1. Discorso interessante. Ma c'è troppa carne sul fuoco . Si rischia di pensare ad un lavoro di copia e incolla alla casaccio senza un filo logico. Cm l'intenzione è buona

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